L'integrazione: la sfida per la qualità nella formazione per tutti
L'impegno per l'integrazione - l'Unesco propone di parlare di "inclusione" - nelle strutture educative scolastiche formative e universitarie deve fare i conti con una lunga storia di esclusione. Ignorare questa storia può essere un rischio, perché può fare sottovalutare una abitudine culturale che implica più l'esclusione che l'integrazione. Ed è bene tener presente che nelle scuole arrivano sempre nuove generazioni, sia di bambini e bambine che di famigliari, ed anche in qualche modo di insegnanti e operatori: occorre saper trasmettere loro una storia e non dare mai nulla per scontato. È importante mettere in evidenza come la scuola sia stata una presenza forte nell'evoluzione di questo processo d'integrazione del disabile nella società. Resta comunque da sottolineare la complessità degli interventi nella costruzione di un progetto globale di vita dal quale possono emergere indubbiamente vari problemi. La forza delle idee, la determinazione e la competenza permetteranno di non vanificare il cammino percorso.
L'accessibilità dei dati, della realtà dell'integrazione e di quella particolare, importante, dimensione del diritto alla piena cittadinanza che è il diritto allo studio, la possibilità di creare le condizioni per offrire pari opportunità educative e formative, tutto ciò esige un impegno specifico: è la sfida della qualità nelle competenze. L'integrazione ha bisogno di competenze: quelle di tutti gli insegnanti, i tecnici, gli operatori. E degli insegnanti specializzati, degli educatori professionali, dei tecnici della riabilitazione e delle altre figure con competenze professionali specifiche. In questa fase della nostra storia, il problema da affrontare è proprio questo. Il passaggio ad una formazione universitaria degli insegnanti può essere preso come elemento fondamentale per la sfida delle competenze. Non è vero che, con l'integrazione, non vi è più bisogno di competenze specifiche è piuttosto il contrario. E' questa una dimensione che deve penetrare soprattutto nel confronto internazionale. Vale la pena di domandarsi se il sistema universitario saprà rispondere a queste esigenze, assumendo responsabilità formative anche attraverso il reperimento di quei contributi specifici e indispensabili presenti in strutture esterne. Non possono sussistere vecchie e nuove forme di formazione, con il rischio di creare confusioni dannose. Ma va vissuta una transizione reale verso un sistema formativo che garantisca risposte adeguate per creare competenze specifiche nella prospettiva dell'integrazione.
Anche l'autonomia scolastica, il nodo problematico del rapporto fra pubblico e privato, la collaborazione fra professioni, vanno assicurate attraverso il parametro delle competenze. L'aspetto interprofessionale delle competenze trova il suo presupposto ineliminabile nel coordinamento delle competenze interistituzionali che garantisce al processo d'integrazione nella scuola la tempestività sincronica dei servizi, degli enti locali e delle ASL, indispensabile per la realizzazione del progetto globale di vita. Vogliamo sperare che questa sfida venga assunta con coraggio e ampiezza d'orizzonte, sapendo far vivere impegni professionali e civili che rendono l'intero contesto sociale competente.
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